Un nuovo farmaco per la fibrillazione atriale (ne soffrono in 500mila)
Alcune importanti novità nella cura delle patologie del cuore sono scaturite dai lavori del congresso della Società Europea di Cardiologia svoltosi quest’anno a Stoccolma alla fine dell’estate. Ne segnaliamo due in queste pagine
Tra le buone nuove del Congresso di Stoccolma ecco la possibilità dell’ impiego differenziato del Dabigatran etexilato, commercializzato in Italia da Boehringer Ingelheim con il nome di Pradaxa. In buona sostanza, un farmaco indicato per la prevenzione delle trombosi venose profonde nei pazienti sottoposti ad intervento ortopedico all’anca si è rivelato, dopo anni di studi e di esperienze, assai utile anche per i pazienti cardiopatici affetti da fibrillazione atriale. Questo farmaco è stato già autorizzato negli Stati Uniti. In Italia si attende uguale avallo dall’Agenzia per i farmaci.
Al Congresso sono stati presentati i risultati dello studio RE-LY (Randomized Evaluation of Long – term anticoagulant therapY) che ha confrontato due dosi del nuovo anticoagulante orale – il dabigratan – con la Warfarina su oltre 18.000 pazienti con fibrillazione atriale. La fibrillazione è un’aritmia molto comune che, se non trattata cronicamente con gli anticoagulanti orali, aumenta il rischio di ictus. In Italia ci sono circa 500.000 pazienti con FA con 50-60.000 nuovi casi l’anno. In assenza di terapia anticoagulante vi è un rischio annuo di ictus del 5%. Il Warfarin riduce tale rischio del 65% mentre l’aspirina lo riduce solo del 20%.
Quindi la terapia con anticoagulanti orali antagonisti della vitamina K rappresenta oggi la terapia di elezione per la prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale. Tuttavia la difficoltà nel riuscire a mantenere l’effetto anticoagulante nel range terapeutico ne limita notevolmente l’efficacia aumentando la possibilità di emorragie oltre a rappresentare una controindicazione alla prescrizione della terapia in pazienti con scarsa compliance o impossibilitati ad effettuare i necessari controlli laboratoristici.
Il dabigatran è un inibitore diretto della trombina in grado di fornire un effetto anticoagulante stabile senza necessità di controlli periodici di laboratorio (INR). Lo studio RE-LY ha confrontato l’efficacia del dabigatran alla dose di 110 o 150 mg due volte/die rispetto al warfarin in 18.113 pazienti con fibrillazione atriale e ad elevato rischio di ictus. Lo studio era un trial di non inferiorità e l’outcome primario in termini di efficacia era rappresentato dal verificarsi di ictus cerebrale (inclusa l’emorragia cerebrale) o di embolia sistemica. Entrambe le dosi di dabigatran sono risultate non inferiori al warfarin in riferimento all’end-point primario; la dose più elevata di dabigatran è risultata inoltre superiore al warfarin sempre rispetto all’end-point primario. In dettaglio, il tasso annuo di ictus o embolia sistemica è stato dell’1,53% per i pazienti trattati con dabigatran 110 mg, dell’1,11% per i pazienti trattati con dabigatran 150 mg e dell’1,69% per i pazienti trattati con warfarin.
Il tasso di infarto del miocardio è risultato più elevato con entrambe le dosi dabigatran rispetto al warfarin. Il dabigatran ad entrambe le dosi è risultato associato ad una riduzione di incidenza di ictus emorragico. Al momento attuale, in presenza di fibrillazione atriale, medico e paziente si trovavano di fronte ad un dubbio a volte di difficile soluzione, mi assumo i rischi e le difficoltà connesse all’utilizzo degli anticoagulanti orali (attualmente Coumadin o Sintrom) o mi accontento dell’aspirina, meno potente ma più pratica? Tutti aspettavamo la conferma dell’efficacia, della tollerabilità e sicurezza del nuovo farmaco dabigatran, ora l’abbiamo con lo studio RE-LY e lo potremo usare.