Riabilitazione cardiologica: chi, come e quando
La riabilitazione cardiovascolare (RCV) è un intervento multidisciplinare che ha come fine ultimo quello di migliorare la stabilità clinica dopo un evento cardiaco acuto, di ridurre il rischio di recidive e le disabilità conseguenti alla cardiopatia, favorire il reinserimento lavorativo e migliorare la qualità di vita. Negli ultimi 15 anni si è assistito ad una notevole riduzione della mortalità intraospedaliera, ma tale dato non si conferma poi ai controlli a distanza, cioè sono migliorate le cure in fase acuta, ma non altrettanto il trattamento globale del paziente, una volta dimesso dall’ospedale.
La RCV è rivolta al paziente post-acuto e viene fortemente raccomandata con il più alto livello di evidenza per i pazienti con cardiopatia ischemica (infarto miocardico, angina pectoris), che abbiano effettuato o meno angioplastica coronarica, dopo un episodio di scompenso cardiaco e dopo un intervento cardochirurgico sia di bypass aorto-coronarico, sia di sostituzione valvolare.
Nonostante sia stato dimostrato che la RCV è un intervento con un rapporto costo/efficacia molto favorevole, in grado di migliorare il decorso della malattia e ridurre le re-ospedalizzazioni e con un costo per anno di vita salvato paragonabile a quello di altre terapie più diffuse come la terapia antidislipidemica, la trombolisi e l’angioplastica, essa è ancora ampiamente sottoutilizzata. La riduzione di mortalità a distanza, per tutte le cause, in chi effettua riabilitazione è elevata: oscilla tra il 20 e il 47% a seconda degli studi.
Per tutti indistintamente il percorso riabilitativo dovrebbe iniziare già durante il ricovero in Cardiologia, fornendo, con le parole e i tempi dovuti, una corretta informazione/educazione sulla propria malattia e sulle abitudini di vita da seguire. Poi, in base alla patologia e alla gravità, a giudizio del cardiologo, si opterà o per il trasferimento in Cardiologia riabilitativa per un percorso di riabilitazione degenziale (cioè un ricovero generalmente di dieci, quindici giorni a cui può seguire una fase ambulatoriale); oppure, se le condizioni cliniche lo consentono, il paziente verrà dimesso e, dopo un counselling informazionale ed educazionale, un test da sforzo e una visita cardiologia, verrà inserito in un programma di riabilitazione ambulatoriale (generalmente un ciclo di otto sedute di un’ora, con frequenza bi o tri-settimanale, ripetibile) o in Day-Hospital riabilitativo (con permanenza di un giorno in ospedale, ripetibile per un certo tempo, con associati controlli clinici). E’ auspicabile che la riabilitazione continui per tutta la vita con attività fisiche preferibilmente effettuate all’aria aperta o comunque in ambiente extraospedaliero, avvalendosi anche del supporto delle associazioni di cardiopatici.
E’ importante che l’intervento riabilitativo venga effettuato il più precocemente possibile, compatibilmente con la stabilità clinica e cercando di modulare il tipo di intervento sul tipo di cardiopatia, la gravità, ecc. Nei pazienti affetti da sindrome coronaria acuta, l’esercizio fisico effettuato durante l’intervento riabilitativo svolge un effetto favorevole sulla modulazione del sistema adrenergico con un conseguente effetto benefico sul rimodellamento ventricolare sinistro, che tanta parte ha nell’evoluzione futura della capacità di pompa del cuore. Dovrebbe essere iniziato entro la fine della terza settimana dall’evento acuto perché il primo mese è quello in cui oltre al verificarsi di eventi ischemici, vi è la più elevata percentuale di abbandono della terapia.