Quando si blocca l’arteria che conduce il sangue dal cuore ai polmoni
L’embolia polmonare è una patologia dovuta all’ostruzione improvvisa di uno o più rami dell’arteria polmonare (vaso che trasporta il sangue dal cuore ai polmoni) da parte di materiale trombotico che proviene dalla circolazione venosa. Nella maggior parte dei casi, infatti, è presente una trombosi venosa del circolo profondo degli arti inferiori. Il materiale trombotico della vena può distaccarsi dal trombo principale e, seguendo il flusso venoso, attraversare le sezioni destre del cuore e propagarsi all’arteria polmonare occludendola parzialmente o completamente. Ne deriva un sovraccarico acuto del circolo polmonare con disfunzione di vario grado del cuore. In rari casi l’embolia può essere di diversa origine come nel caso dell’embolia gassosa.
La prima definizione storica si deve a D. Hélie, un medico francese, che nel 1837 descrisse l’episodio di una lavandaia di 65 anni, di bassa statura e in sovrappeso, ricoverata per distorsione della caviglia ed immobilizzata per un mese. Dopo la dimissione, in pieno benessere, la donna manifestò improvvisamente affanno e cianosi del volto e morì alcuni minuti dopo. All’autopsia il medico descrisse un cuore ingrandito con presenza di coaguli all’interno del circolo polmonare.
La precisa incidenza di questa malattia risulta difficile in quanto non sempre viene posto il sospetto clinico a causa della sintomatologia di presentazione che può essere estremamente variabile. Non esiste quindi un sintomo specifico dell’embolia polmonare; il paziente infatti può presentare dispnea (affanno) ad insorgenza improvvisa, dolore toracico, sincope, tosse con espettorato ematico. Tra i segni più frequenti si evidenziano cianosi, turgore delle giugulari, tachicardia, ipotensione che se grave può determinare shock cardiogeno talora fatale. Non si devono peraltro dimenticare i segni di una eventuale trombosi venosa profonda, ovvero edema e dolore agli arti inferiori specialmente alla palpazione, che peraltro non sono presenti in più del 30% dei pazienti.
La formazione di una trombosi all’interno del circolo venoso non è peraltro un evento fisiologico. si deve infatti allo scienziato tedesco Rudolf Virchow il riconoscimento intorno al 1845 delle tre condizioni fondamentali (triade di Vichow) che causano la trombosi venosa: l’ipercoagulabilità del sangue, la lesione parietale e la stasi venosa. Il sospetto clinico di embolia deve essee comunque convalidato da un iter diagnostico preciso ed accurato. In questi casi va effettuato: il dosaggio del D-DIMERO, esame peraltro scarsamente specifico ma molto sensibile (l’assenza di aumento del D-DIMERO indica l’assenza di trombosi) e una emogasanalisi che molto spesso dimostra una riduzione dei valori di ossigeno (ipossiemia) insieme a riduzione dell’anidride carbonica (ipocapnia).
Comunque l’esame di riferimento è la TAC spirale con mezzo di contrasto, che permette la visualizzazione diretta dell’embolo nelle arterie polmonari. Esami utili o di supporto possono essere l’elettrocardiogramma, l’ecocardiogramma ed eventualmente la scintigrafia polmonare. Una menzione va riservata all’ecodoppler venoso che in molti casi evidenzia la trombosi venosa profonda delle gambe. Il paziente con embolia polmonare deve essere necessariamente ricoverato in terapia intensiva in quanto dovrà ricevere un corretto apporto di ossigeno e nel contempo correggere un eventuale deficit acuto del cuore, oltre ad essere seguito con un attento monitoraggio delle funzioni vitali.
Gli ulteriori obiettivi sono di arrestare la formazione del coaugulo e prevenire le recidive emboliche mediante eparina per via endovenosa e successivamente con anticoagulanti orali per almeno 6 mesi. Nei casi di intabilità emodinamica possono essere utilizzati i fibrinolitici, farmaci che sciolgono il trombo nell’arteria polmonare con conseguente miglioramento degli scambi gassosi e della circolazione polmonare.