Perché il cardiologo controlla come stanno i piedi?
In visita dal mio nuovo cardiologo ho notato che la prima cosa che ha fatto non è auscultarmi il cuore ma controllare piedi e caviglie. Perché? Gianna V.
Quando un paziente va dal cardiologo, questo deve valutare una serie di sintomi e segni presenti. Uno di questi è la presenza o meno dell’edema degli arti inferiori ovvero di un accumulo eccessivo di liquidi nel tessuto sottocutaneo. Ci sono molte cause di ritenzione di liquidi nelle gambe. Può essere il risultato di una stasi linfatica o nel sistema venoso, oppure da compressione a livello addominale oppure da alterazione del circolo sanguigno determinato dal cuore. Inoltre l’edema può essere con o senza segno della fovea. L’edema sottocutaneo si definisce con fovea quando, in seguito alla pressione su una piccola area, la fossetta che ne deriva permane dopo il rilascio (il dito avrà spostato l’acqua presente nel sottocutaneo ai lati).
L’edema con segno della fovea può essere un segno iniziale, in fasi più avanzate l’edema può essere duro, poco comprimibile e la cute può essere arrossata, lucida e con discontinuità che permette al liquido sottostante di trasudare. Inoltre l’edema può essere localizzato ad una sola gamba. Le cause locali più comuni che provocano un edema localizzato sono la stasi venosa, come ad esempio nelle vene varicose, o l’ostruzione venosa in corso di trombosi venosa profonda. Quando sono coinvolte entrambe le gambe la causa è pre- valentemente sistemica e cioè dovuta al malfunzionamento del cuore, oppure dei reni o del fegato o nel circolo polmonare. In questi casi, l’edema si verifica innanzitutto a seguito di una ritenzione idrica con aumento del passaggio di liquidi negli spazi interstiziali. Ci sono anche farmaci come i vasodilatatori calcio-antagonisti che possono determinare l’edema. L’edema è sempre favorito ed incrementato dalla posizione della persona.
Un paziente che passi molte ore in poltrona avrà un edema accentuato e che regredisce, ma solo in parte, con il riposo notturno a letto. Il paziente allettato può presentare un edema nella zona sacrale. L’edema periferico è tradizionalmente considerato una delle manifestazioni cliniche principali dello scompenso cardiaco che, con l’impiego diffuso della terapia diuretica, è divenuto meno frequente. Il movente patogenetico è collegato alla comparsa di poca urina da ridotta portata renale con con- seguente ridotta eliminazione di acqua e sale rispetto alla loro introduzione. Un ruolo importante hanno sostanze antidiuretiche anormalmente trattenute e prodotte (iperaldosteronismo secondario) e l’ipertensione venosa sistemica che comporta alterata permeabilità dagli spazi intra a quelli extracellulari. Inoltre, la correlazione tra edema periferico e grado di pressione venosa sistemica è molto modesta, inducendo a non ritenere lo scompenso retrogrado come unica causa nella genesi dell’edema dello scompensato.
Generalmente prima che compaia il fenomeno si verifica un accumulo di almeno cinque litri in eccesso di volume extracellulare e di conseguenza l’edema può impiegare diverso tempo a svilupparsi e può non essere presente. Nelle fasi avanzate dello scompenso l’edema periferico può aggravarsi e divenire generalizzato (gambe, parete toracica addome e genitali). Un edema imponente può causare lacerazione cutanea e fuoriuscita di liquido. La domanda della lettrice è quindi pertinente: vedere le gambe di un paziente, specie se cardiopatico, è molto importante. Ancora più importante è la misura del peso corporeo in situazioni confrontabili che permette di accertare una ritenzione di liquidi ancora prima che compaia l’edema per correre tempestivamente ai ripari.