Embolia polmonare, una malattia spesso difficile da diagnosticare
Nuove linee-guida dell’embolia polmonare (una importante evoluzione rispetto alle precedenti, che risalivano al 2000) sono state presentate all’ultimo congresso della Società europea di cardiologia svoltosi a Monaco di Baviera. Le nuove linee-guida costituiscono un compendio dettagliato riguardo la diagnosi e la terapia di una importante patologia che spesso, nelle forme più sfumate, viene misconosciuta.
L’embolia polmonare è nella maggior parte dei casi la complicanza di una trombosi venosa profonda degli arti inferiori; si verifica cioè quando, da un coagulo formatosi in una vena profonda (di solito al di sopra del ginocchio, o da un trombo più distante non trattato) si staccano frammenti più o meno grossi che vengono portati dalla corrente sanguigna in vasi sempre più grandi fino al cuore, che a sua volta li spinge nelle arterie del polmone. Qui però i vasi sanguigni si restringono nuovamente e i coaguli ne causano l’ostruzione dando luogo a un’insieme di sintomi il più frequente dei quali è la dispnea (mancanza di fiato), che di solito è tanto più marcata quanto più sono ostruiti i vasi arteriosi polmonari.
La differenza fondamentale rispetto alle linee guida precedenti sta nel fatto che ora viene data molta importanza al riconoscimento delle diverse forme di embolia polmonare che possono essere associate a prognosi diverse. E’ infatti assolutamente necessario riconoscere rapidamente le forme più gravi perché solo un intervento terapeutico tempestivo può salvare la vita del paziente.
L’embolia polmonare è la terza causa di malattia cardiovascolare, dopo infarto e ictus, e in Italia colpisce circa 60.000 persone l’anno. La gravità di questa malattia è variabile: può interessare il microcircolo polmonare, ma anche i grossi vasi determinando severa insufficienza respiratoria e cardiaca Va ribadito dunque che si tratta di una condizione patologica grave che, se non tempestivamente riconosciuta e trattata, risulta letale nel 10% dei casi.
Purtroppo i maggiori problemi sono quelli di tipo diagnostico poiché non esistono segni o sintomi specifici di questa patologia. I sintomi possono variare moltissimo. Quando è presente, la sintomatologia è aspecifica ed è simile a quella di molte altre patologie cardio-respiratorie. I segni tipici più comuni sono la tachipnea (respiro accelerato) e la tachicardia (battito cardiaco accelerato), seguiti da dolore toracico, che può essere di grado diverso, localizzato o diffuso. Il paziente spesso accusa ansia, dispnea, dolore toracico, collasso cardiocircolatorio (se si ha una riduzione della gettata sanguigna e conseguente ipotensione), transitori abbassamenti del flusso di sangue al cervello (ipoafflusso cerebrale). Il paziente può apparire cianotico o presentare uno stato febbrile.
E’ quindi importante non sottovalutare eventuali disturbi, anche se apparentemente di poco conto, soprattutto se si è portatori di uno o più dei numerosi fattori di rischio per la trombosi venosa, fattori rappresentati dall’immobilità prolungata per fratture, traumi, interventi chirurgici maggiori o ortopedici, dalla familiarità per malattie del circolo venoso, dall’obesità, da neoplasie in fase attiva, dall’uso di contraccettivi specie se associato al fumo, da pregressi episodi di tromboembolismo venoso, da fattori congeniti di alterata coagulazione. In alcuni soggetti predisposti anche l’immobilità obbligata che si realizza durante i lunghi viaggi in aereo può costituire un fattore di rischio per l’insorgenza di embolia polmonare. Per questo è utile raccomandare ai passeggeri di alzarsi frequentemente e di muovere le gambe regolarmente quando si è seduti.
Di solito la diagnosi di embolia polmonare viene sospettata sulla base della sintomatologia clinica, della positività di alcuni esami specifici come il dosaggio del D-dimero e quando sono presenti alterazioni particolari dell’elettrocardiogramma, dell’ecocardiogramma e dell’emogasanalisi. La conferma diagnostica, tuttavia, si ottiene con la TC multistrato dell’arteria polmonare che consente la visualizzazione diretta dell’embolo dopo la somministrazione del mezzo di contrasto. Poiché molti dei pazienti con embolia polmonare accertata ha una trombosi venosa profonda prossimale, l’ecografia venosa con test di compressione ma soprattutto con tecnica ecodoppler viene largamente utilizzata.
L’embolia polmonare, quando sospettata, va diagnosticata e curata con urgenza in ospedale. La terapia, oltre il sostegno generale della respirazione e della pressione arteriosa, è quella anticoagulante ad alte dosi e con farmaci trombolitici,che hanno la capacità di sciogliere i coaguli. Poiché l’embolia polmonare è strettamente legata alla trombosi venosa profonda, la prevenzione dell’una corrisponde a quella dell’altra. E’ quindi la prevenzione della trombosi venosa profonda in tutte le situazioni a rischio a difendere dall’embolia polmonare e quando si instaura una tromboflebite degli arti inferiori è necessario iniziare immediatamente una terapia anticoagulante.
DIECI CONSIGLI PER AIUTARE LA CIRCOLAZIONE VENOSA
-1 Attività motoria
-2 Calzature adeguate
-3 Esercizi contro la stasi venosa
-4 Contrastare il gonfiore
-5 Elevare le gambe
-6 Usare calze elastiche adeguate
-7 Evitare l’eccesso di esposizione al sole
-8 Controllo del peso
-9 Trattare le disfunzioni già presenti
-10 Curare prontamente le lesioni cutanee